Capitolo III, 2° parte - Accettare l’inaccettabile

Una giornata segnata dagli animali

 

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Per cominciare, vi descrivo l’esempio dettagliato di questa giornata tra le altre che illustra la tenacia e la frequenza dell’interazione degli animali nel mio quotidiano. Questa ebbe luogo già più di un anno fa, ero ancora vegetariana :

 

Questa sera scrivo dopo una giornata particolarmente ricca. Sento che qualcosa di fondamentale è accaduto rispetto al mio legame con gli animali. Sono stati dei buoni pedagoghi poiché ogni avvenimento è stato piazzato preciso al millimetro affinché lo potessi comprendere ! Infatti , non è tanto una novità il mio vivere un concatenamento di tali situazioni, ciò che è nuovo è il modo con cui lo percepisco.

 

La capretta

 

Prima di tutto situiamo il contesto di questa storia “diventare capra”! Una persona ci propone un parco provvisorio per i cavalli. In questo parco c’era una scuderia… E in questa scuderia, c’era una capretta abbandonata… Il tutto apparteneva ad un vecchietto che perse la bussola e terminò i suoi giorni in una casa di cura. E qual’ era il suo mestiere ? Gestiva una macelleria di cavalli del posto ! Toh guarda…

Ci viene proposto di sistemare i nostri cavalli in un luogo in cui questi animali venivano ingrassati per finire in macelleria !

 

Comprendendo sempre meglio ciò che dovevo superare attraverso gli animali, non mi meravigliai di dover finire proprio qui dal cavallino (come la gente del luogo chiama questo posto) ! Una capretta nana molto vecchia (con dei problemi ai denti e con le articolazioni deformate) è stata lasciata qui. Era da più di otto anni che se la cavava da sola. Felice di vedere dei cavalli, si adattò velocemente alla sua nuova famiglia e adottò i due puledri.

 

Ci affezionammo sempre più a lei ma non era concepibile condurla con il branco di cavalli in occasione di un prossimo cambiamento di parco poiché altrove non c’era alcun riparo né un recinto per proteggerla da cani che avrebbero voluto mangiarsi una capretta. Più si avvicinava il momento di portarli via, più il senso di colpa nel doverla lasciare ancora sola, accresceva. Vengo messa di fronte alla scelta di trovarle un luogo per i suoi ultimi giorni o di non fare nulla per timore di interferire sulla sua strada di vita.

 

Non riesco ad impedirmi di tentare qualcosa… Suono alla porta di una casa dove c’erano delle pecore nane dall’aria coccolona. Si stabilisce facilmente un contatto e la coppia molto premurosa mi dice : “all’epoca, avevamo due caprette che provenivano dal cavallino, forse erano le sorella di questa, e oggi la ritroviamo !” Detto fatto! Stupita dalla semplicità e dalla rapidità con cui le cose si erano svolte, vengo rassicurata nel pensare che la mia iniziativa fosse stata quella giusta.

 

Detto questo, qualche giorno più tardi ricevo una telefonata. La coppia mi dice dispiaciuta, che dopo aver fatto diversi tentativi, la capretta non riesce ad integrarsi. Malgrado la sua età e le sue malformazioni, ha dichiarato guerra alle pecore ! E lottando con il montone, si è ferita un corno !

 

Buona parte della notte precedente la famosa giornata, pensavo-sognavo alla capretta. Al mattino presto, il mio cervello non mi lasciava tregua , ero devastata dalle emozioni. Mi sentivo colpevole e cercai ancora una soluzione per lei…

 

 

L’uccello

 

Prendiamo l’auto, David guida troppo velocemente per i miei gusti e gli spiego ciò che accade in me quando ci sono degli uccelli sulla strada. So che li ha visti e che non ha ’intenzione di investirli, ma la paura mi attanaglia…

 

David mi dice il suo punto di vista : “Sarebbe interessante che tu riuscissi a comprendere l’origine di questo circolo vizioso che vivi ripetutamente. Le entità predatrici si regalano l’energia che le tue emozioni creano, e questo dura molte ore” !

 

Mi trattenevo dal rinviargli la palla perché avevo coscienza che tutto quello che mi diceva era corretto e sicuramente avevo ancora bisogno di sentirlo… Ero irritata, sapevo che gli animali sono un’esca che serve per arpionarmi perché io possa servire da nutrimento. L’ho vissuto migliaia di volte… Mi sentivo così sconvolta dai miei paraocchi sulla mia strada senza via d ’uscita !

 

Dopo questo scambio, ero in ansia all’idea che potesse succedere qualcosa con gli uccelli. E così è stato ! E pure con un uccello grandino : un fagiano ! In una strada stretta, cercava un’uscita attraverso un recinto molto alto. In un primo tentativo cercò di prendere il volo ma sbatté contro il recinto e cadde. Chiesi espressamente a David di rallentare. Il fagiano, un po’ meno impanicato, trova un buco, passa attraverso il recinto e prende il volo.

 

La simbologia di questo evento è interessante se lo si immagina al posto del fagiano : sottomessi alla paura siamo ciechi e mantenuti prigionieri dalle trame della Matrice. C’è un bel tentare a buttarsi, ma inciampiamo su questo limite. Di contro quando smettiamo di essere manipolati dalle nostre paure, un ritorno e una visione d’insieme diventa possibile permettendoci di intravedere un passaggio attraverso la griglia dell’illusione e dunque prendere il volo verso una nuova realtà.

 

 

Nikita la puledra

 

Visto che non riuscivo ancora a lasciare il controllo sul destino della capretta, suoniamo ancora una volta ad un’altra porta.. Quella di una famiglia che aveva acquistato una puledra Shetland. Una persona molto amorevole ci guida verso Nikita. Noto che nonostante la benevolenza verso essa, gli umani che se ne occupano ignorano completamente i bisogni fondamentali degli equini : sovra pascolo, solitudine, nessuna cura per gli zoccoli, anomalie ai reni. Ancora una volta mi sento invadere da un’ angoscia vivendo questa situazione che conosco molto bene…

 

Ma questa volta avverto una complicità con questo animale. Qualcosa di dolce e gioioso mi penetra. Questo mi aiuta a comprendere-percepire che Nikita ha scelto di vivere questa situazione. Mi sforzo di moderare le mie pulsioni da salvatrice, quindi di controllo, e di intervenire il meno possibile… Nello stesso tempo constato, secondo le mie credenze, che il luogo non va bene per la capretta, sarebbe meglio se tornasse all’ovile ! E proprio come la puledra, anche lei ha il suo ruolo, in un posto ben preciso con delle persone precise !

 

 

Loukoum la mucca

Di ritorno, passiamo a vedere i cavalli di cui ci occupavamo, o piuttosto i cavalli che si occupavano di noi… Che sia sul piano emozionale, della comprensione o della guarigione, esercitano il loro ruolo alla perfezione !

Loukoum è una mucca con cui ho un legame molto stretto sin dalla sua nascita. Da più di cinque anni, ha sviluppato l’artrosi sui suoi arti. E quel giorno faceva molta più fatica a seguire il gruppo dei cavalli poiché ogni passo le procurava un intenso dolore. Ancora una volta di fronte alla mia impotenza nel poterla consolare, emozioni opprimenti mi misero in uno stato di ipoglicemia… Ero di fronte alla mia rigidità, alla mia grande difficoltà a mollare il controllo quando si fa sentire il cambiamento.

 

 

Il bruco

 

Poco più tardi passeggio con la vicina nel campo dei cavalli. La sento lamentarsi “Eccoci, si ricomincia con queste bestiole !” calpestando un bellissimo bruco peloso. Fece un secondo tentativo perché la piccola bestia non aveva l’aria di morire. Ma questa volta mi intromisi fisicamente. Ero in collera per ritrovarmi una volta ancora di fronte al condizionamento stupido e perfido dell’umano.

 

La giornata non era terminata…

 

 

I topi

 

Sempre nel campo dei cavalli, trovo un topo morto con del sangue in bocca. Un topo avvelenato. Voilà ! Quasi la stessa situazione che con il lombrico, salvo che era un topo.

 

E…ovviamente… Mi sento molto vicina a questo animale poiché da adolescente come animale da compagnia avevo un topolino, Isis che viveva con me, o piuttosto su di me ! Faceva la siesta sul mio collo e la notte spesso dormiva nel mio letto, appallottolato contro di me. Avevamo una relazione di grande fusione, come tra un umano e un cane…

 

E’ morto una notte in cui non l’avevo preso con me e l’avevo trovato con le due zampette sulle sbarre della sua gabbia ! Di tutte le morti che avevo conosciuto (cani, cavalli, umani, ecc…) è quella che mi ha fatto soffrire di più. Mi sentivo così in colpa…

 

Un dettaglio interessante in questa avventura, è che all’epoca trovai la gabbia di Isis bella e originale. Era tondeggiante e le sbarre erano tinte di…? Oro !

E’ morto con le zampe sulle sbarre della sua prigione dorata. L’immagine dolorosa mi parlava e senza alcun dubbio era una messa in guardia della mia Supercoscienza che Isis concretizzava sotto i miei occhi.

 

Volevo veramente morire nella “prigione-matrice” dorata ?

 

Quel topolino che quel giorno trovai avvelenato, mi ricordò Isis perché avevo ancora qualcosa da comprendere: Mi riportarono entrambi a quella collera o quella rabbia verso l’umano che approfitta, maltratta, abbandona, ammazza, tortura, mangia gli animali considerandoli inferiori…, emozioni che rivivo senza sosta, tanto dipendo dalle leggi della 3D !

 

A quale tipo di esseri questo mi riporta ? Ai buoni GRANDI PREDATORI ! Sin da picccola, coltivo disprezzo contro l’umano che distrugge la sua stessa madre, la Terra. Solo ora prendo coscienza che questo circolo vizioso nel quale mi chiudo è dovuto ad un’incomprensione. E’ la non accettazione e quindi la reazione alla sofferenza che mantiene questo disprezzo.

 

Il legame di predazione esiste su tutti i piani e fa parte dell’equilibrio dell’universo. Ciò che avviene tra l’umano e l’animale esiste esattamente allo stesso modo come tra i predatori di 4° dimensione e l’umano.

Hanno bisogno della nostra energia emozionale per vivere, dunque grazie alle loro tecnologie di punta, “Mind Control” o direttamente col penetrare nel nostro campo psichico, agiscono attraverso il nostro ego suscitando emozioni dense di cui hanno bisogno. Siamo delle pecore nutrite con l’illusione della matrice, e controllate dai nostri predatori che assumono l’apparenza di pastori, facendoci credere nella loro guida, mentre di fatto ci divorano uno ad uno…

 

Oggettivamente, che sia l’umano a mangiare il suo gregge o il rettiliano che mangia il suo umano, è la stessa cosa ! E’ lo stesso funzionamento, la stessa memoria, gli stessi programmi, quindi la stessa genetica.

Così, questo GROSSO PREDATORE contro il quale combatto, fa completamente parte della genetica umana ! E poche balle, io appartengo a questa razza ! Una parte di me è questo predatore al quale rivolgo un disprezzo smisurato! Non c’ è da meravigliarsi che questo sistema funzioni così bene da mantenerci prigionieri in questo circolo vizioso…

 

Tali persone, di cui facevo parte, che si impegnano attraverso i rituali, a scacciare in altri luoghi o da se stessi l’energia rettiliana, di fatto lottano contro i mulini a vento ! O meglio, donano energia al loro predatore…

Ecco che oggi, integro un po’ più profondamente questo insegnamento manifestato dai due topolini. Come le lezioni di un’esperienza possono emergere una decina d’anni dopo!

 

 

Cambiamento degli occhiali

 

Ora vado ad affrontare la mia percezione attuale riguardo al mio legame con la sofferenza e con lo stress animale, che dal tempo in cui ho scritto il testo sopra, si è evoluta molto. Questa nuova visione, che sempre più riscopro, mi permette di esplorare la realtà sotto un’altra angolatura.

 

Può provocare rifiuto, far fremere colui che rimane aggrappato ai suoi occhiali 3D, come facevo io non tanto tempo fa. Ci spinge a vedere e a vivere diversamente ciò che prima giudicavamo inconcepibile, immorale, intollerabile… Poiché è proprio l’affrancarsi da tutte le barriere basate su migliaia di condizionamenti, di cui fanno parte le nozioni di concepibile, morale e tollerabile, che la nostra anima può uscire da questo ciclo di distruzione programmato.

 

Bisogna guardare lo schermo sul quale si svolge lo scenario dall’ultima fila delle sedie in sala : il mio senso di colpa, la mia paura di far soffrire gli animali vengono sollecitate continuamente e mi immergono con una ripetitività allucinante in queste situazioni che mi creano malessere. Le persone a me vicine mi hanno spesso fanno notare che in mia presenza le scene con animali in difficoltà, in sofferenza, sono ricorrenti.

 

Questi incidenti così magistralmente orchestrati, vanno a rivoltare il coltello nelle mie piaghe più dolorose e più ancorate. Ed è attraverso il mio senso di colpa e l’attaccamento che la Matrice SDS (al Servizio di Sé) mi trattiene. Afferrandomi da ciò che fa male, il sistema predatore tenta di distogliermi da qualcosa di essenziale…

 

Ognuno ha il proprio programma che apre una falla nella quale la predazione si intrufola, ma la sottigliezza e la ricchezza di questi attacchi sono tali da offrirci l’occasione di scoprire la chiave della prova che può liberare. Perché se tali esperienze diventano cicliche, è perché la mia Supercoscienza cerca (attraverso la predazione) di farmi vedere qualcosa che sino ad ora ho rifiutato di vedere in faccia !

 

Mi tende un bastone indicandomi precisamente dove si trovano le radici di questa illusione, quindi in quali situazioni occorre che io raddoppi la vigilanza.

La trappola e il suo opposto, la liberazione, si trovano sempre nelle nostre più grandi ferite. Per cui, fin tanto che mi rimane inconcepibile guardare ciò che mi sono costruita come tabù, non posso che rimanerne intrappolata.

 

Quindi sta solo a me cambiare le mie credenze, ossia le mie percezioni di questa realtà di terza densità così come le mie azioni che ne derivano… Facile a dirsi !

 

 

Senso di colpa, la micidiale arma della predazione

E’ certo che lo sforzo continuo di aprire bene gli occhi per distinguere i fari che illuminano il sentiero in mezzo ad una spessa nebbia è a volte spossante e doloroso, ma la ricompensa è sulla scala dei nostri sforzi quando saliamo un gradino e in pochi attimi la nebbia cade e ci offre lo spettacolo di una visuale d’insieme di un nuovo panorama.

 

Se osservo in retrospettiva, quando ho messo tutto in opera per consumare carne di animali che non fossero passati da un mattatoio, constato che ho utilizzato tanta di quella energia emozionale da non riuscire a dormire la notte. Per di più, l’unico agricoltore che rendeva possibile ciò a cui mi attaccavo (visto che ammazzava i suoi maiali nel loro spazio senza che avessero il tempo di stressarsi), non dava segni di vita nonostante il nostro accordo e tutte le mie chiamate. Fui obbligata a mollare questa opzione e a guardare pienamente il mio senso di colpa nel mangiare la carne di un animale che aveva terminato i suoi giorni in un mattatoio.

 

Mantenendo sempre una visione di insieme, cosa succedeva ?

 

Cercavo a tutti i costi di schivare questo straziante senso di colpa nel far soffrire un essere, e la vita mi ci ficcava continuamente col naso dentro ! Ma io, ingolfata dai miei giudizi di inconcepibile, immorale, intollerabile, frenavo a più non posso l’esplorazione di questa strada…

 

Avendo ora preso coscienza che il senso di colpa mi teneva prigioniera del gioco entropico, il mio comportamento cambiava poco a poco: a differenza dell’epoca in cui obbedivo ciecamente alle mie ferite (quindi al mio predatore), ora mi impegno con tutta la retrospettiva che mi è possibile prendere, a identificare tale bisogno, sino a quel momento inconscio, di fuggire dal mio senso di colpa agendo sull’esterno.

 

Questo non significa che io desideri incoraggiare gli atti di barbarie nei confronti degli animali, acquistando volontariamente la carne del peggior allevamento intensivo. Ma per quanto possibile, tenere conto delle indicazioni che si frappongono sulla mia strada, indicandomi un eccessivo controllo da parte mia ed rimanere così molto, molto vigile nel non continuare a farmi ammanettare dal mio senso di colpa.

 

Dunque se questo deve passare da qui, accetto di mangiare carne del peggior allevamento intensivo, ma non con la negazione. Ossia il più consapevolmente possibile !

 

Ho potuto constatare la ripetitività di questo schema, di diversa intensità in funzione della mia capacità ad integrare la lezione, di voler controllare e attenuare la sofferenza animale.

Per esempio, fui invitata al ristorante, ma la carne non era né bio, né locale e non mi era possibile saperne di più sulla sua provenienza esatta e sul tipo di allevamento e in quali condizioni l’animale avesse vissuto.

 

Il mio primo riflesso fu di uscire dalla trattoria e cercarne un’altra o ritornare a casa e cucinare io qualcosa. Ed era ciò che si aspettava il sistema di controllo SDS : che cedessi la mia energia emozionale di collera e frustrazione assicurandosi che sfuggissi una volta ancora al mio senso di colpa, quindi che ne rimanessi prigioniera. Ora invece, osservare il mio senso di colpa verso questo animale e decidere di attraversare la prova che mi viene proposta, diventa possibile…

 

 

Co-evoluzione preda-predatore

 

Da che ho ripreso a mangiar carne, mangio con molta più consapevolezza. Anche le verdure meritano la stessa attenzione, ma ingerire un essere che sento molto vicino a me, mi sprofonda automaticamente in una tendenza ad essere più presente a ciò che accade al mio corpo, a livello sottile, e nella sinergia tra le nostre anime… Questo mi riporta alla caccia autoctona basata su un profondo rispetto dell’animale che si offre. Una naturale comunione con lui, attraverso la Suprecoscienza, che può prendere o meno la forma di una entità, viene descritta nel testo che segue come “il terzo termine del triangolo di comunicazione” :

 

“…Tra il cacciatore e l’animale cacciato, c’è un’identità invisibile che il nostro concetto occidentale di persona può permettere di esprimere. L’umano e l’animale hanno entrambi un’interiorità, la capacità di avere delle intenzioni e di impiegarle nell’azione. Tutti hanno delle regole che organizzano i loro gruppi sociali. Questa similitudine permette la comunicazione, anche se, la maggior parte del tempo, le caratteristiche fisiche diverse, la rendono difficile e richiedono mezzi speciali disponibili nei repertori rituali.

Ma oltre all’umano-persona e l’animale-persona, esistono altre persone animate situate in altre dimensioni o spazi e che, proprio per questo, si percepiscono raramente, ma costituiscono il terzo termine del triangolo di comunicazione col quale funziona la caccia autoctona…“ Le spiritualità autoctone.

 

Assumere pienamente il mio ruolo di predatore faccia a faccia con l’animale che mangio, permette, mano a mano che mi libero dei paraocchi dei miei sensi di colpa, un’interazione sempre più libera dalle interferenze emozionali parassite e quindi più autentica tra le nostre anime.

 

Tale interazione che abbiamo scelto di avere insieme su un altro piano, fa parte del bisogno di esperienza, anche se sembra dura, dell’anima nella materia per poter evolvere. Per cui se mi ritrovo, come nel caso del ristorante, in una situazione che non era voluta coscientemente, ma orchestrata specificatamente dalla mia guida, con nel mio piatto la carne di un animale che sicuramente aveva sofferto, l’unica vero regalo che posso fare a me e a lui, è di mangiarlo consapevolmente, osservando il mio senso di colpa.

 

L’anima dell’animale e la mia possono quindi approfittare del loro pieno potenziale evolutivo…

Accettando di riprendere a mangiare carne, mi sento di appartenere pienamente al ciclo della Vita, molto più vicina agli animali e molto meno nella lotta…

Visita nelle profondità della predazione

 

Visto che aspiro con tutto il mio essere a rompere le catene che mi mantengono ancora prigioniera in questa realtà dissimulata, la mia Supercoscienza non manca di offrirmi situazioni ideali di una precisione e profondità sbalorditive.

 

Da molti mesi, mi occupo “malgrado me” di una gatta (figlia di quella che aveva tre zampe). “Appartiene” ad Angèle, la nonnina del borgo secondo la quale “un gatto se la sa cavare da solo” !

 

Ho iniziato a nutrirla quando ebbe una cucciolata di gattini che nessuno aveva trovato ed era solo pelle ed ossa. I suoi tre gattini furono trovati dopo un mese ed io chiesi ad Angèle di non ammazzarli impegnandomi a sistemarli presso qualcuno. Quindi tutti i giorni c’ero io a nutrirli e a socializzare con loro. Mi attivai con foto, annunci e anche col passa parola di molte persone.

 

Poco a poco mi affezionai a queste piccole palline di pelo e fu una prova emozionale difficile mollare il controllo rispetto al loro cammino di vita. Dovetti separarli uno a uno dalla loro madre e affidare i gattini che miagolavano d’angoscia alla loro futura famiglia. Ho vissuto tale processo colmo di angosce e insegnamenti sino in fondo…

 

Ma in primavera, tutto daccapo ! La pancia della Mimine era ancora gonfia…

Le settimane passavano, il mio ego aveva tutto il tempo per sballottarmi da una credenza all’altra accompagnata dal suo carico di emozioni:

 

“No, non voglio ripetere questa esperienza che mi ha consumato tanta energia !”

 

“Però non posso abbandonarli al loro triste destino ! Se questa volta si trova prima la cucciolata, sarà più facile darli via.”

 

“Ma poi bisognerà fare qualcosa per questa gatta : farla sterilizzare, ma è un gatto selvatico, si traumatizzerebbe. Magari forse le potrei somministrare la pillola…”

 

Mi stavo facendo acchiappare dal mio senso di colpa e perdendo la bussola. Di nuovo volevo controllare, agire sull’esterno piuttosto che vedere il senso profondo di questa lezione che veniva a cercarmi proprio sulla mia porta !

 

Poiché il velo delle mie emozioni mi impediva di osservare la situazione in modo oggettivo, ebbi bisogno di buttare tutto fuori per vederci chiaro.

Ero allo stesso punto come nell’esempio della carne al ristorante : sia perseveravo nel voler “alleggerire le mie emozioni”, tentando di modificare la situazione che si presentava, sia mollavo il controllo e accettavo di lasciarmi attraversare.

Continuando in questa negazione, stavo “creando” o attirando con dei cicli di retro-causalità, questo tipo di situazione sempre più precisa quindi sempre più forte.

 

Se guardo gli indizi che mi rinviava l’esterno, il cammino da seguire era indicato in modo preciso : discutendo con Angèle sul futuro dei gattini, mi disse, senza lasciarmi quasi scelta, che in ogni caso nel borgo c’erano già troppi gatti e che se ne sarebbe occupato suo marito. Ancora, potevo lottare, ribellarmi o semplicemente accettare ciò che mi veniva chiesto di attraversare, per quanto penoso fosse la strada.

 

La gattina partorì i suoi piccoli durante i due giorni in cui ero via, e questo accadeva molto raramente in quel periodo, Angèle non vide nulla. Aveva “altre gatte da pelare” poiché suo figlio era in ospedale.

 

Tutte le mie proiezioni, i miei dubbi, le mie paure si misero a turbinare in me : bisognava trovare i piccoli prima che crescessero troppo…

Feci il giro di tutti i vicini per trovare dell’etere visto che era il meglio che potessi immaginare per loro : una morte senza agonia… Ma nessuno ne aveva e bisognava ordinarlo.

 

Scorsi la gatta e la seguii sino in un fienile dove la persi di vista tale era il casino lì dentro. Mi fermai e la chiamai. Ero l’unica persona della quale si fidava, e il suo ronron mi permise di trovare i suoi piccoli che le avremmo portato via.

 

Il senso di colpa era al suo massimo, mi sentivo completamente impotente, la mia Sopracoscienza non mi lasciava tregua poiché una discussione con David aprì un periodo in cui le tensioni nella coppia erano senza eguali. Cominciammo a parlare dei gattini e gli spiegai, sentendomi male ad ammetterlo, che mi vedevo ancora prigioniera del mio attaccamento e del mio senso di colpa e che cercavo a tutti i costi di controllare gli eventi affinché soffrissero il meno possibile.

 

La discussione continuò e si intensificò per giungere a ciò che stava accadendo veramente nella coppia. Mi sentii esprimere esattamente la stessa cosa che avevo detto dieci minuti prima rispetto ai gattini : “E’ col mio attaccamento a te e il mio senso di colpa di farti del male (se mai mi permetto di ascoltare quella voce che mi urla : Vai, buttati !!!), che rimango immobile e non faccio che perpetuare questa situazione di affondamento reciproco ! Reprimo un impulso che mi brucia dentro perché di nuovo mi sento responsabile di una probabile sofferenza. Di nuovo sono attanagliata dal senso di colpa e attaccamento !!!”

 

La potenza dell’informazione vibrava ora in tutto il mio corpo ! Mi trovavo davanti ad un bivio importante. Avevo una scelta. Potevo ascoltare sia il messaggio che non poteva essere più chiaro e mi sarei buttata nell’ignoto : sperimentare l’inconcepibile, l’immorale, l’intollerabile, sia potevo chiudere gli occhi, le orecchie e la bocca assicurandomi così una entropia lenta ma sicura della mia anima !

 

Le mie emozioni, il mio fuoco interiore e il livello di adrenalina erano al loro massimo. Sfoderai la mia Spada di Verità e dissi a David : “Ora non aspetto più ! Continuo sul percorso che mi chiama e se tu scegli lo stesso cammino, tanto meglio, ma se la predazione ha la meglio e i nostri cammini si separano, ebbene, che così sia !”

 

Con questo slancio andai da Angèle, determinata a mostrale i gattini e a lasciare che se la sbrogliasse lei. Andai sino all’ufficio di Maria per trovarla…

Mostrai ad Angèle dove si trovava la cucciolata. Stavo andandomene quando la vidi spostare delle assi e mi accorsi che non era organizzata per come fare. Senza riflettere, le dissi : “non toccare niente e aspettatemi, vado a cercare cosa occorre !”

 

Sentivo che non avevo scelta che era ora, occorreva che aiutassi la dipartita dei gattini e senza questo scossone che avevo ricevuto prima, non sarei stata capace di agire con discernimento, andare a cercare due secchi, riempirli di acqua tiepida, prendere una scatola di sardine per la gatta e ritornare da Angèle.

Giunta sul posto, le spiegai come avremmo dovuto procedere : “vado a dare delle sardine alla mamma poi scivolerò dietro le assi per passarti i gattini uno per uno che li metterai insieme nel tuo grembiule. E poi li metteremo tutti nell’acqua”.

 

Appena Angèle, col suo ritmo da nonnina, iniziò a mettere i mici nell’acqua, ma non abbastanza velocemente secondo me, accelerai le cose aiutandola. Li sentivo grattare contro il secchio e a questo punto sentivo che ciò era al di là delle mie possibilità… Dissi ad Angèle di continuare, che io dovevo andare…

 

Tremavo e respiravo profondamente, mi connessi a loro, al loro passaggio. Poi osservai la mia posizione fisica. Avevo le due mani su un cancello. Una strizzatine d’occhio che mi riconnesse immediatamente al senso di colpa vissuto nella mia adolescenza sino ad oggi, rispetto a come era morto Isis di cui mi sentivo responsabile… Come se mi si fosse rivolta una domanda :

 

“Dunque adesso uscirai dalla presa di quel senso di colpa che ti mantiene nella tua bella gabbia dorata ?”

 

Qualche minuto più tardi, ritornai al fienile, la gatta era sempre sdraiata nella sua cuccia e i piccoli in fondo al secchio inanimati.

Pensai che sarebbe stato meglio per la madre che ne avesse almeno uno vicino in modo che si rendesse conto della loro morte e non andare a cercarli in giro dappertutto. Ne presi uno tra le mie mani e aspettai qualche secondo per sentire se era davvero andato. In effetti sembrava morto ma improvvisamente, vidi la sua bocca spalancarsi e il suo corpo rianimarsi.

 

Ancora una volta, mi sentii minata ; forse era il segno che malgrado tutto dovesse vivere… E molto velocemente capii che dovevo testarmi sino in fondo, per cui lo rimisi nel secchio insieme agli altri. Angèle mise un sasso sopra il secchio ed io andai a sedermi in giardino.

 

Tengo a precisare che quando spiego ciò che avviene in me durante l’azione, è in una frazione di secondo che succede. Descrivo la situazione con le parole che provengono dal mio mentale, ma quando prendo una decisione come quest’ultima, vengo orientata dall’intuito attraverso le emozioni.

 

 

Conclusione della storia

 

Sentivo che ciò che accadeva era giusto ma dopo l’allineamento e l’azione, giunse lo sfogo e l’emozionalità… L’integrazione della lezione (vita di coppia e gattini) andava ancora più in profondità attraverso le lacrime. Piansi sino ad essere un “vegetale” in più nel giardino… L’Angelo aveva orchestrato tutto attraverso Angèle perché giungessi sino a lì.

 

David mi venne a dire che avremmo dovuto incontrarci Sand, Jenael e noi due, affinché il feedback del gruppo potesse aiutarlo a vedere più chiaro cosa accadeva in lui ! Lasciate le resistenze… Era enorme, questo voleva dire che sceglieva, malgrado i dolori egotici che ciò poteva generare, di guardare in faccia il suo predatore !

 

Trovo sia molto interessante, quando soltanto dopo ci si renda conto delle correlazioni del ruolo della predazione con quello della Sopracoscienza e delle situazioni che ne risultano nella materia. Utilizzando la predazione, la mia guida mi segna la strada affinché io stessa possa recitare coscientemente il ruolo del carnefice che fa soffrire e dà la morte...

 

Dal punto di vista esterno, si può dire che fossi pronta per il manicomio, ma è qui il potere della lezione: “accettare l’inaccettabile”.

 

Questa volta, giocando consapevolmente questo ruolo, che ho rifiutato e giudicato per tutta la mia vita, ho potuto paradossalmente sventare i trucchi del predatore.

 

Esplorare consapevolmente questa falla, autenticamente, veramente (nel senso stretto della parola : “nella verità”) mi ha permesso di integrare nella profondità del mio DNA la parte di me sino ad allora bandita.

 

Era lo scopo di questo sottile condizionamento patriarcale, che appoggiandosi sulle mie ferite si assicurava che non andassi a scoprirvi la chiave !

 

La faglia così guardata può iniziare a riassorbirsi. La guarigione avviene e si riconferma con il ritorno ciclico delle situazioni “ferenti” che poco a poco perdono il loro impatto quando ogni lezione viene integrata.

 

Le manifestazioni del mio cambiamento nella mia bolla di percezione furono immediate e flagranti, poiché avevo accettato di attraversare il mio peggior incubo : rincontrare intimamente il mio predatore. Nella falcata del salto, visto che la situazione di negazione durava già da molti mesi e avrebbe potuto essere fatale per la nostra relazione, David fece altrettanto !

 

Inoltre, non l’ho ancora detto per non far perdere il lettore in tutti in questi eventi, parallelamente si manifestava e si infiltrava, attraverso una persona della mia famiglia, un’energia predatrice rafforzata dagli stessi schemi di negazione che avevo potuto identificare in me e David. Anche questa fu una grande prova perché non potevo assolutamente intervenire in questo teatro, anche se il mio ego, moriva dalla voglia di farlo...

 

Percepisco sempre più fortemente questo limite che c’è di per sé : il divieto di intervenire nel cammino dell’altro che non ha chiesto niente, e che ogni energia è al suo posto. Non c’è né bene né male ma solo delle opportunità da cogliere…

 

Ma... questo “taglio” interiore, la decisione di non agire sull’esterno, rinforzato da una nuova complementarietà che si era installata con David, fu seguita da una “taglio” esterno da parte di alcune persone della famiglia, poiché di colpo c’era meno presa per la predazione. Il “problema” si era risolto senza intervento esterno da parte mia.

 

 

La firma della belva

 

Adesso approfondirò le mie comprensioni legate agli animali e in particolare ai felini su un piano più sottile.

 

Molte volte nella mia vita, avevo sentito questa energia : dall’inizio dell’adolescenza in una comunità mistica nella quale andavo a scuola, veniva consacrato agli allievi un piccolo rituale totemico : il leone fu uno dei miei totem.

 

Ebbi l’occasione di partecipare ad uno stage nello zoo di Peaugres che offriva agli animali in cattività delle condizioni molto più vicine al loro stato selvatico rispetto agli altri parchi per animali. Mi ero “occupata” dei leoni…

 

Recentemente, come ho già raccontato all’inizio, ho potuto ricontattare sulle terre sciamaniche messicane, delle forti memorie e sensazioni feline attraverso la presenza del giaguaro. Poco più tardi, sull’isola di Vancouver in Canada, mi trovai nuovamente immersa in una natura grandiosa e selvaggia, intrisa della cultura Amerinda che malgrado la sua aberrazione continua ad esistere. Il puma occupa un posto sacro e spaventa poiché non è raro che questo magnifico animale attacchi l’uomo.

 

In questi due ultimi anni, in occasione di situazioni in cui l’energia predatrice è stata ed è così pressante da avere l’impressione di rischiarci le penne, è questa energia felina “tutta artigli e zanne di fuori“ che si manifesta attraverso il mio corpo ! In genere mi meraviglio della sua spontaneità, del suo potere sulle mie manifestazioni emozionali e della sensazione di sicurezza interiore che ne emergono.

 

E’stata questa (l’energia della belva) ad essere il messaggero della mia Supercoscienza e a riconnettermi che mi piacesse o no, al mio bisogno vitale di carne animale così come all’accettazione dell’aspetto predatore di questo “totem gentile” !

 

Ha quindi potuto iniziare a prendere il suo posto e manifestarsi. E’ stata messa in luce dal sogno di Jenael ed è emersa con la creazione di Reseau LEO, così come gli insegnamenti di vita e gli scambi in una “famiglia di leoni”. Questo branco è l’occasione per me di andare più lontano nell’accettazione delle mie diverse polarità, di poterle assumere nei riguardi dell’altro e anche il poterle condividere… Tale periodo è costellato di strizzatine d’occhio feline a non finire e le più difficili e insistenti sono quelle che attualmente mi cercano sull’uscio della porta in forma di mini-belve : i gatti!

 

Non ho mai avuto dei gatti “miei”, tranne quelli in fattoria durante la mia infanzia. Da che sono arrivata nel paesino di Sant Just, ho attirato tutta la successione di una generazione di gatti alla ricerca di cure.

 

Questi tigrottini non finivano di insegnarmi !

 

I felini ora mi accompagnano con più insistenza degli equini : l’equilibrio tra la preda e il predatore è all’opera…

 

 

Le mie riconnessioni dimensionali

 

Dalla lettura di Anton Parks, ho appreso l’esistenza di un popolo galattico : Urmah che aveva una genetica umano-felina dal temperamento guerriero, il cui ruolo è di vegliare sull’equilibrio interstellare, ossia di impedire che l’energia patriarcale distruttiva dei Gina’Abuls soffochi l’energia femminile e creatrice di vita delle Amasutum Kadistu.

 

Mi è accaduto di incontrare una persona particolarmente portatrice di questa energia. In sua presenza mi sentivo affascinata, impressionata e rassicurata. Inoltre avevo fatto un sogno particolarmente forte attraverso il quale mi trasmetteva questa energia protettrice da guerriero.

 

Il giorno dopo ebbe inizio un lungo processo karmico : un’esplosione, raccontata nel capitolo VII – Quando lo scenario dell’inquisizione diventa uno strumento di deprogrammazione, che mi permise di uscire dalle memorie di donna sottomessa dalla paura della violenza inquisitrice maschile sotto ogni forma, nella quale mi ero rinchiusa da vite !

 

Fu una delle liberazioni più intense e faticose che ho vissuto sino ad oggi. La presenza felina guerriera e benevola era là ! E giorno dopo giorno la sto integrando sempre un po’di più…

 

 

Le altre energie che identifico nella mia genetica, che fanno parte del DNA denominato “non codificante” o “spazzatura”, sono le mie origini Abgal, ossia quella dei delfini e delle balene. Un dettaglio originale è che nella mia infanzia mia sorella mi chiamava “Hélène la balena”.

 

Per molti anni sono stata attratta dalla compassione gioiosa e infinita emanata da questi esseri. E dopo aver oltrepassato il limite in cui piangevo nel sentirmi separata da questa famiglia, ho fatto di tutto per ritrovarla fisicamente. Sono partita per incontrare i delfini, le balene, capodogli, orche marine e le esperienze con questi erano così forti e magiche che mi vedevo lanciata su una nuova strada con nuovi progetti…

 

Ma questa ricerca esterna finì da sé, nello stesso tempo in cui il mio partecipare a stages di sviluppo personale terminò. Nel momento in cui presi coscienza che inconsapevolmente rimettevo ogni potere al terapeuta, quindi all’esterno, riguardo al mio cammino di liberazione.

 

E’ proprio l’intromissione del terapeuta che percepivo che mi permise di prendere una posizione e uscire da questo processo. Certo mi aveva ben aiutata, ma ora era diventata una trappola.

Parallelamente non ebbi più bisogno di cercare fisicamente questa famiglia Abgal visto che il cambiamento delle mie credenze rispetto ad una ricerca esterna sistematica, mi volgeva verso altre funzioni : quelle di contattare la mia parte mancante interiore.

 

Mentre il bisogno di reincontrare le beloghe, che furono i primi delfinidi a sollecitarmi in un sogno particolare, era prima un’ossessione, ora mi accorsi che questo bisogno sparì poco a poco senza che provassi alcuna frustrazione…

 

E’ molto più facile riconnettersi alle memorie più “gloriose”, ma con un processo sempre più profondo di accettazione e di conoscenza delle parti più ripugnanti e spaventose in me e in questo mondo, posso scoprire ancora una sfaccettatura.

 

E’quella del Gina’Abul, il predatore in tutto il suo splendore ! Colui che controlla, reprime e agisce a seconda dei propri vantaggi, che non conosce emozioni, ma se ne nutre, colui che è difficile da accogliere ma che tuttavia fa parte dell’equipaggio che deve essere al completo per decollare !

 

 

E l’ultimo e importantissimo “bagaglio” genetico in me che mi è stato manifestato chiaramente con tutte queste situazioni legate agli animali, è quello della femmina Gina’Abul : l’Amasutum Kadistu.

 

Sono sacerdotesse genetiche creatrici di una vita evolutiva sulla Terra, (prima che i rappresentanti patriarcali si immischiassero) in campi differenti secondo le loro affinità e competenze : umano, animale,vegetale. Esse vegliano sull’equilibrio : il loro ruolo consiste per lo più nel creare la vita e a riprendersela se la “creatura” non è adeguata. Non è che agiscono così per divertimento, ma per dovere poiché sono responsabili del futuro di queste razze. Anche se hanno delle scaglie e un temperamento tagliente, autoritario e temerario, sono anche degli esseri dotati di una grande sensibilità.

 

Non ho bisogno di descrivere la riconnessione con questa parte di me che si sente responsabile e molto vicina alla vita animale, come una madre che non sopporta la sofferenza dei propri figli, e che, a seconda delle situazioni preferisce crearla (come la nascita di Loukoum, la mia giumenta artrosica), ma anche deve assumersi il ruolo di sopprimerla...

 

Ecco come la mia Sopracoscienza, attraverso un semplice batterio, animali incontrati sul mio cammino, la coppia, la famiglia… porta alla luce le astuzie sino ad oggi invisibili con le quali la predazione transdimensionale spara con grande abilità.

 

Inizio a rischiare un occhio dietro lo spettacolo delle marionette di cui faccio parte e vi percepisco senza ombra di dubbio la serratura attraverso la quale irradia la fonte... La chiave non è sulla scena come credevo, ma nei retroscena, nella mia interiorità, nascosta in mezzo a questa abile e ingegnosa astuzia SDS che tale ricerca mi spinge a scoprire sempre più ogni giorno…

 

Hélène

 

 

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